Il decimo articolo della rassegna "obiettivo:turismo responsabile" è dedicato al 16esimo obiettivo dell’agenda 2030, che riguarda il tema della pace e della giustizia.
Questo articolo è dedicato all’ obiettivo n 16 dell’agenda 2030 dedicato al tema della pace e della giustizia. La pace non è solo uno status di assenza di guerra, ma è anche un traguardo da raggiungere con continuo impegno, sia per ridurre le cause dei conflitti (miserie, ingiustizie, disuguaglianze, egoismi, incomprensione tra le persone) sia per prevenirli.
Il turismo può avere un ruolo nella cooperazione allo sviluppo per ridurre la povertà e offrire opportunità di lavoro. Alfredo Somoza, il nostro primo intervistato, che presiede la ONG ICEI, che si occupa di progetti di cooperazione allo sviluppo, ci spiega quanto sia difficile comprendere quando tali attività possano prevenire conflitti o lenire ferite di guerra a seguito di un intervento bellico. I conflitti nascono dalla rottura di relazioni, della mancanza di dialogo; ed evitare che si spezzino questi legami o aiutare a ricostruirli è fondamentale.
Uno dei casi importanti è quello Myanmar ex Birmania, dove oltre al tema dello sviluppo c’era anche quello di riconciliazione, anche se purtroppo gli sforzi effettuati sono stati vanificati, poiché il paese è tornato sotto dittatura militare poiché l’intervento è avvenuto in una zona difficile dove il turismo ha avuto difficoltà nel trovare dialogo tra comunità e società civile. Un altro esempio è quello della Bosnia ex Jugoslavia, dove c’è un progetto nella ruota balcanica dei profughi tra Bosnia Erzegovina e Croazia, in cui sono rimaste delle popolazioni serbe non fuggite dalla guerra e nel quale hanno creato il parco della Una, mettendo insieme la società civile croata e musulmana con quella dei serbi. Quindi, sia il turismo che la cooperazione allo sviluppo, spesso si inseriscono in un processo di uscita da un conflitto ma altre volte purtroppo si viene travolti da eventi non stabili alle cooperazioni.
Il secondo intervistato, Enrico Marletto è il direttore tecnico di Viaggi Solidali scs Onlus, in cui si organizzano viaggi ispirati ai principi e all’idea del turismo responsabile che prevedono incontri tra le popolazioni residenti e i visitatori - turisti e l’ascolto delle narrazioni, poiché si crede che la conoscenza reciproca possa aiutare a superare stereotipi e pregiudizi che a volte avvelenano i rapporti fra i popoli. Enrico aggiunge che bisogna allenarsi alla pace e che il turismo non si può fare in zone di guerra: ad esempio per anni hanno organizzato viaggi in Armenia ma non sono mai andati nella zona di Nagorno-karabakh al confine tra Armenia e Azerbaigian, perché la situazione non lo permette, ed è quindi impossibile riallacciare i rapporti con la comunità locale.
Il turista spesso si trova di fronte a una realtà diversa rispetto all’immaginario che lo ha portato in quel luogo, soprattutto con l’avvento dei social media, poiché i punti comuni si scoprono solo con l’incontro reale con la comunità. Il conflitto nasce dalla non accettazione della diversità e dell’altro, mentre nel turismo ci si abitua a vedere l’altro come una opportunità e come un completamento di ciò che siamo noi e le altre persone. Il turismo responsabile ci permette di confrontarci con i nostri limiti e difficoltà attraverso l’incontro con le altre persone.
Il turismo si può fare anche nel nostro paese, come ad esempio attraverso il progetto il Migrantour che è un progetto di turismo urbano interculturale dove si incontrano le persone della propria città ma di cultura lontana, facilitando l’incontro. Le minoranze storiche, e anche quelle recenti delle immigrazioni, sono la ricchezza culturale per il paese e il Migrantour è un accompagnamento dove le guide sono dei migranti che vivono in queste città e raccontano il loro punto di vista e la loro cultura, facendo conoscere così varie minoranze che altrimenti si chiuderebbero in sé stesse. Mettendo in contatto tante minoranze si arricchisce la visione delle persone che vivono in un ambito culturale distante dalla loro terra natrice.
Il terzo intervistato è Marco Trulli, coordinatore dell’Arci, una grande organizzazione molto attiva nell’ambito della costruzione della pace che fa cose concrete per risolvere le problematiche in questo campo. Arci si occupa di tante cose, di tanti temi e lo fa con una condivisione di valori che al cui centro è evidente che ci sia la pace. Sono attivi diversi progetti di cooperazione per sostenere il tessuto sociale nei territori in difficoltà nel proporre la pace come risposta alle complessità. Ad esempio si è da poco aperto l’incontro nazionale “storie della cultura” in cui si parla di questioni della centralità della cultura per raccontare il popolo palestinese attraverso la cooperazione che hanno sostenuto i presidi culturali e sociali in quei territori. Un ulteriore esempio è quello del viaggio effettuato a Cuba per partecipare al premio letterale Calvino, che nacque a Cuba cento anni fa, per cui si è potuto partecipare al congresso delle case della cultura, che sono delle istituzioni diffuse sul territorio; si è provato dunque a sostenere le case della cultura e del cinema a Cuba, che rappresentano luoghi interessanti e frequentati, in continua trasformazione, che vivono il problema nodale della povertà. Cuba attraversa, anche a causa del periodo pandemico, un problema di povertà assoluta.
Attraverso l’incontro, la cooperazione, la semina di progetti culturali e sociali, si cercano di costruire risposte. Una risposta è stata la fondazione della biennale dei giovani artisti dell’europa e del mediterraneo, che è stata una piattaforma di mobilità e scambi di artisti e operatori culturali che si sono incontrati in diversi punti del mediterraneo, per cercare di costruire linguaggi comuni attraverso l’arte, di ciò che accade nel mediterraneo. Si offre la possibilità di raccontare la realtà con la volontà di riappropriarsi del linguaggio artistico e culturale per la costruzione di percorsi comuni. Sono infrastrutture relazionali internazionali che costruiscono delle comunità che vengono sostenute dal punto di vista istituzionale, anche se i tempi sono complicati e le risposte sono parziali.
La giustizia è l’altro tema che è fortemente interconnesso con la pace e ne parleremo con il quarto intervistato, Dario Riccobono, uno dei soci fondatori di Addiopizzo. La giustizia, come la pace, appare come una situazione statica di cui si sente il bisogno quando accadono fatti di criminalità e ingiustizia stabili e diffuse, situazioni che Addiopizzo cerca di contrastare offrendo opportunità di lavoro onesto anche nel turismo.
Dario sottolinea che l’Italia è sicuramente un modello nella lotta alla mafia per quanto riguarda le misure di indagine e repressive. Ciò che manca è l’aspetto culturale e sociale, infatti vi sono molti territori che sono ancora schiavi del controllo mafioso e su cui sembra lontano il poter arrivare a una prospettiva diversa. Il percorso di Addiopizzo è un percorso che nasce dal basso e che prova ad organizzare consumatori da un lato e commerciati dall’altro, per cercare di creare una rete a supporto dei commercianti che volessero liberarsi dal gioco mafioso del pizzo. Questa attività in molti anni ha portato moltissimi risultati, con tantissime possibilità di denuncia senza ritorsioni e di conseguenza cambiando il volto della città rispetto a 20 anni fa.
Da molti anni Addiopizzo ha incominciato a svolgere le attività nel quartiere dove insiste la propria fede, il quartiere Kalsa, un bene confiscato alla mafia che è uno dei punti più antichi, affascinanti e difficili di Palermo, nonostante siano i luoghi di nascita di Falcone e Borsellino. Addiopizzo travel, per cercare di evitare che i ragazzi più fragili del territorio possano avvicinarsi al mondo del lavoro grazie ai mafiosi di quartiere, ha cercato quanto meno di avviare dei percorsi educativi di strada per questi ragazzi. Un percorso che si sta cercando di provare ad organizzare è quello di dare un contributo di una nuova narrazione della Sicilia che troppo spesso viene definita come una terra invivibile e una terra di Mafia, ma invece è una terra che può raccontare tanto ed è un lavoro che punta molto sulla memoria, per raccontare la storia di chi si è sacrificato ma anche di chi, anche in maniera silenziosa, sta dando un proprio contributo per valorizzare la bellezza del territorio e sta cercando di cambiare le cose. Ci sono molte cose da fare per offrire una scelta etica ai ragazzi e far sì che anche loro possano lavorare in sicilia e non emigrare, dando un’alternativa, considerando che le istituzioni sono molto indietro nonostante l’importanza del loro ruolo.
Alfredo afferma che un’esperienza che potrebbe essere replicabile è quella della Bosnia, in cui si è intervenuti dopo i conflitti tra serbi, croati, musulmani. Non è stato facile ricucire le relazioni tra queste popolazioni perché in quella zona particolare della Bosnia c’è stato un fronte Croati- Musulmani contro Serbi, e basta girare la zona per capire che la storia era diversa rispetto a quello che hanno vissuto in quel conflitto, e che ci sono dei paesi dove sulla piazza centrale c’è la Moschea, la chiesa ortodossa e la chiesa cattolica. Ciò ci fa capire come nel passato ci sia stato una convivenza possibile. Una situazione particolare in quanto non c’è una questione etnica, nel senso che l’etnia e la lingua sono più o meno le stesse, ma solo religiosa, quindi il territorio è stato il punto chiave attorno al quale si è costruito questo parco nazionale di diverse comunità. Il fatto di costruire questo parco nazionale dove vivevano tutte le comunità, è stato possibile grazie al territorio che ha agevolato la formazione della prima rete tra le diverse comunità da quando è finita la guerra.
È stata la prima collaborazione a partire dalla gestione di un territorio. Il tema della tutela del territorio e dell’ambiente in cui si vive, ha una importanza di comune denominatore poiché nasce dalle diverse comunità che sono nate nel territorio e che vogliono valorizzarlo, creando una rete anche con quelli che erano stati i nemici fino a pochi anni prima.
Articolo molto “pertinente “, sono una docente dell’ITSET Palizzi di Vasto ed insegno Discipline turistiche aziendali