Il viaggio in Italia – storia di una grande tradizione culturale
Il lavoro è una presentazione d’insieme del fenomeno culturale che ha per meta e per baricentro l’Italia. Una consuetudine culturale che ha contribuito a rendere più vicina l’Italia all’Europa e successivamente agli Stati Uniti d’America e naturalmente a dilatare ad altri continenti la fama dei suoi incanti. Quella che viene proposta è un’Italia inedita e di struggente bellezza, ma anche quella meno battuta e storicamente meno nota in ambito europeo e scoperta con entusiasmo da viaggiatori curiosi ed eccentrici, da antropologi ed etnologi, da giramondo di professione, da raffinati esteti e da ricercatori.
“Non c’è niente di più noioso al mondo che leggere una descrizione del viaggio in Italia, tranne forse lo scriverla, e il solo modo per l’autore di rendersi più o meno sopportabile è di parlare quanto meno possibile dell’Italia in sé.” (Heinrich Heine), questa la citazione con cui si apre “Il viaggio in Italia. Storia di una grande tradizione culturale” di Attilio Brilli (Editrice Il Mulino, 2006), che si propone come ricostruzione storica, ma anche come viaggio immaginario in un’Italia che è frutto della sagacia topografica e in pari tempo della finzione narrativa di quei viaggiatori, e dei loro seguiti, che l’hanno percorsa dal tardo Rinascimento alla nascita del turismo organizzato. Lo svolgimento materiale del viaggio, espresso dagli arredi e corredi di cui doveva munirsi il viaggiatore, delle mappe più o meno attendibili, dalle guide, le biblioteche e le farmacie portatili. Di non minore interesse il complesso sistema dell’ospitalità, dalla miserabile osteria di posta, alle camere locanda agli alberghi delle città. E gli italiani: la cui presenza è stata spesso fastidiosa e ingombrante.
L’immagine degli italiani dei viaggiatori stranieri corrisponde, per oltre due secoli di sostanziale ignoranza, se non di disprezzo, all’immancabile cicerone, confusionario, approssimativo, mendace, interessato a dirottare la clientela nei locali con i quali era in combutta; in quelli extraurbani è il vessatorio gabelliere e agente doganale.
Tra i tanti temi indagati, l’eredità di pellegrini e mercanti: dal disprezzo che fin dalla fine del ‘500 investe il pellegrino, all’emergere della figura del gentleman traveller, il viaggiatore moderno, alle prime relazioni di viaggio e le prime guide. Il fiorire della “letteratura di viaggio” nel Seicento, a cui si devono informazioni essenziali per la lettura del passato di vari paesi. La preparazione del viaggio e il corredo del viaggiatore: il passaporto, la valigia, le strumentazioni scientifiche. Poi la carrozza, protagonista indiscussa fin dal ‘400, le modifiche avvenute nel corso dei secoli, le tipologie, i primi battelli a vapore.
Ed è nel corso del Settecento che si sviluppa un ampio dibattito sul tema del viaggio in Italia, che costituirà un’esperienza fondamentale, anche se non priva di contraddizioni. Lo spirito cosmopolita del Grand Tour è uno strumento effettivo d’incontro e di conoscenza fra intellettuali, aristocratici, finanzieri, diplomatici, uomini di scienza, artisti e studenti di tutta Europa. Il viaggiatore non disdegna l’acquarello di propria mano o si porta appresso valenti paesaggisti, le sue preferenze vanno a paesaggi eroici o arcadici, a visioni sublimi e tende a coniugare il paesaggio campestre con la felicità morale e materiale di un’età virtuosa.
La grave difficoltà del superamento delle Alpi per il viaggiatore che si avvicina all’Italia fra il ‘600 e l’800, specie nel settore franco-svizzero, l’ospitalità dal Grand Tour all’epoca romantica, le mete predilette e la viabilità, con l’itinerario di norma battuto dai forestieri dalla fine del Cinquecento fino a tutto l’Ottocento. L’arte del pregiudizio, l’ideologia degli stereotipi e i luoghi comuni. Il paesaggio italiano nella pittura e nell’immaginario.
L’autore, che insegna Letteratura americana nell’Università di Siena, con questo lavoro ha ottenuto il Premio Hemingway nel 2006 e il Premio Lawrence nel 2007.